Nata a Tokyo, Ōki Izumi si è laureata in letteratura giapponese antica all’Università Waseda di Tokyo. Ottenuta nel 1977 una borsa di studio per la scultura dal Governo Italiano si diploma nel 1981 all’Accademia di Belle Arti di Brera. Si cimenta con tutti i materiali della tradizione, dal marmo al bronzo, ma appena si diploma torna all’unico che sente veramente suo, il vetro.
Il vetro che Ōki Izumi usa non è il pregiato e limpido cristallo, ma il vetro industriale, dal colore verdazzurro, che richiama gli elementi naturali dell’acqua e dell’aria tanto cari alla cultura giapponese.
Stratificando le lastre le une sulle altre, o altre volte elevando i pezzi in verticale, dà forma a sintesi astratte, vasi, architetture misteriose, in cui guardare dentro e attraverso. In tutte le sue composizioni aleggia un alone di enigmaticità, che rivolge allo spettatore una costante richiesta di personale interpretazione. Sospese a metà tra il visibile e l’invisibile, dalla faccia mutevole al variare della luce del sole e delle ombre, le sculture di Ōki Izumi suscitano ogni volta impressioni e stati emotivi diversi in chi le guarda.
La ricerca dell’artista – fortemente improntata dalla sua essenza nipponica – si orienta verso la creazione sintetica di unità semplici, anche a partire dal caos di una miriade di elementi. Non si tratta, però, di una ricerca puramente formale: a Izumi interessa, piuttosto, l’aspetto emozionale, suscitare meraviglia, offrire allo spettatore l’occasione di riflettere, suggerirgli tramite una forma altre possibilità immaginative.