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Codici Spaziali

Yoichiro Kamei e Marco Paghera
27/11/2014 – 24/12/2014
 
 
 

Quando Cezanne nel pieno della ricerca che lo portò a una innovativa visone dei volumi, non esitò a dichiarare che tutto si fondava sul cono, la sfera e il cilindro. Stava dando l’avvio alla rivoluzione cubista e alla nuova arte del ventesimo secolo. Tenendo a mente gli “ismi” avanguardisti e passando per una certa arte minimalista, vogliamo qui brevemente illustrare le opere in mostra alla ESH Gallery di Yoichiro Kamei e Marco Paghera. 

 

Tre sono gli elementi che devono essere rilevati nell’osservare le opere esposte. I primi due sono esplicitamente connessi al titolo della mostra “Codici Spaziali”. Il codice è una giustapposizione di lettere, immagini o forme, integrate in un complesso riconoscibile attraverso una specifica chiave di lettura. Nel nostro caso, riprendendo Cezanne, è la forma primitiva del cubo, il mattone basilare che adeguatamente combinato in una accumulazione variegata e reticolare nel caso di Kamei, oppure ingrandito, alterato, variato in Marco Paghera, crea il discorso espressivo degli artisti. La visione complessiva delle sculture-oggetto e parietali ci invita – ecco il secondo elemento – ad un dialogo sulla visione dello spazio: algida e apparentemente fine a se stessa per Kamei, oppure spazio prettamente mentale e personale per Paghera. Kamei attraverso i suoi reticoli, ci offre delle strutture-ricettacolo tese a occupare uno spazio, ma anche contemporaneamente “vuote”, atte a ricevere (luce? ombra? pensiero?). Il risultato affascinante per l’osservatore è il costante contrasto tra la presa di coscienza dell’infinita varietà di forme elementari minimali e una sorta di personale svuotamento contemplativo. Le lastre di Paghera invece ci affascinano invece per un processo antitetico rispetto a Kamei: non abbiamo uno svuotamento, ma un riempimento contemplativo regalatoci dall’artista attraverso giochi di colore, forme e materiali, personalissime elucubrazioni dei propri spazi interiori. 

 

La mostra dunque nella sua totalità si trasforma per il visitatore in un percorso ora decifrabile – il codice appunto – comune ad entrambi gli artisti, che alterna la volontà di astrazione e il desiderio di immaginazione. 

 

Il terzo e ultimo elemento è la visione contemporanea, centrale per il progetto della galleria, di ciò che nel passato è stato il movimento Arts and Crafts, una reazione colta all’industrializzazione galoppante dell’Ottocento. Imprescindibile oggi di fronte ad una certa massificazione sotto l’etichetta “design”, è l’apprezzamento della manualità e della sapiente padronanza tecnica e tecnologica dei medium utilizzati. La tradizione e l’estetica della ceramica giapponese in Kamei è più viva che mai. L’attenzione al dettaglio e, nonostante la giovane età, la navigata esperienza nella lavorazione del metallo sono palpabili nelle lastre di Paghera.