fbpx

Mauro BELLUCCI

Bio | Opere | Exhibitions

Mauro Bellucci nasce nel 1959 a Voghera, città nella quale risiede e lavora tuttora.
Dopo studi linguistici ed una tesi di laurea in lessicografia giapponese presso l’Università di Pavia, si dedica alla pratica della calligrafia estremo-orientale classica.

 

La tecnica fondante dei suoi lavori è quella del collage in carta nepalese fatta a mano e inchiostro sumi giapponese su tela.
Si spazia dalle sovrapposizioni di elementi di carta tagliati a filo d’acqua (tecnica di taglio orientale che lascia i contorni sfumati), alle strisce di carta verticali dipinte in gradazioni di grigio e nero (rifacendosi all’estetica IKI giapponese), agli elementi modulari con impressioni in nero da matrici di legno o all’effetto della carta bruciata con incenso per ottenere un segno quasi impalpabile.
L’utilizzo del collage è anche da intendersi come ricerca di aspetti tridimensionali giocati sulla trasparenza della carta impiegata, un dialogo tra pieno e vuoto (ispirandosi in questo ai concetti estetici della pittura zen), un’accumulazione di segni oppure al contrario una riduzione ai minimi termini, alla singola linea, alla singola sfumatura.

 

La consueta firma è sostituita da un sigillo rosso secondo la tradizione orientale, all’interno della struttura dell’opera e in dialogo con la stessa, condizionando gli equilibri compositivi.
Il sigillo di pietra non è inciso con ideogrammi ma lasciato allo stato grezzo con leggeri interventi di bulino a rendere una sorta di non-firma.

 

“… Il lavoro di Mauro Bellucci si iscrive in una tradizione di sottrazione del soggetto, il quale così facendo lascia che sia il ricevitore, davanti all’opera, a seguire e completare il sottile movimento sospeso dall’autore.
Fermarsi davanti ad una sua opera è imparare a percepire e ricevere, un’attitudine che pervade molte arti giapponesi. Nella Cerimonia del tè, gli ospiti non incontrano sin da subito il padrone di casa, entrano nella stanza lasciata vuota se non per i pochi oggetti, scelti con cura, necessari alla preparazione del té e il sussurrare dell’acqua sulla brace. Nel teatro Noh, si ritrova lo stesso ritiro del soggetto-attore per una maggiore efficacia all’interno del gesto, l’interiorità fatta di memoria, emozione, immagini, occupa tutto lo spazio, ma la sua parte visibile va trattenuta, invitando lo sguardo dello spettatore a subentrare là dove finisce il gesto o la sua traccia, per indurre nello spettatore questo particolare stato di empatia, di contemplazione attiva che si prova davanti alle opere di Mauro Bellucci. La distanza tra oggetto, soggetto e ricevitore viene abolita, in un unico momento di trasformazione e di apertura”.

Monique Arnaud , shihan e attrice di teatro Noh della Scuola Kongoh

 

Exhibitions